venerdì 9 dicembre 2011

Vivere di emozioni


Qualche giorno fa ho avuto il piacere di rivedere dopo anni un caro amico, giovane imprenditore di successo, che sta investendo tempo e denaro in campo artistico (musical, e altro).

Quello che mi ha entusiasmato è il suo obiettivo di guadagnare - guadagnare bene - sfruttando le sue doti imprenditoriali in campo creativo senza snaturare l'essenza dell'arte di cui va a occuparsi.

E mi ha fatto riflettere sul mio stesso lavoro.

Io mi guadagno da vivere principalmente scrivendo storie. Scrivere storie significa soprattutto creare emozioni. Emozioni tra i personaggi, emozioni in te lettore che ti immedesimi nei personaggi. Amore, rabbia, gelosia, esaltazione, divertimento, eccitazione, delusione, allegria.

Mi sono accorto che io campo grazie alle emozioni. Mie, dei miei personaggi, dei miei lettori.

In un certo senso vivo di emozioni.

E' una cosa che mi spaventa e mi esalta allo stesso tempo.

2 commenti:

Xantippe ha detto...

Scrivere storie significa soprattutto creare emozioni.

No, non credo. Faccio il tuo stesso mestiere, non siamo romanzieri o autori. Quello che creiamo è il piacere del riconoscimento: cose seriali, ogni volta sempre uguali, che rassicurino chi legge. Non c'è nulla di male, ci vuole abilità per saperlo fare: ma le emozioni, credimi, sono un'altra cosa.

Giorgio Salati ha detto...

Xantippe, capisco il tuo punto di vista ma non sono molto d'accordo: scrivere storie seriali non significa storie ogni volta uguali, se no avrei già smesso da tempo.

E per me le emozioni che cerco di mettere all'interno di una storia sono proprio la chiave per aggiungere qualcosa di nuovo ogni volta. Naturalmente c'è anche il "piacere del riconoscimento", visto che si tratta di storie seriali, ma non si limita a questo.

Senza volermi paragonare a certi grandi, anche i Peanuts, Calvin & Hobbes, Asterix, The Spirit, i Simpson, the Wire, Mad Men e compagnia bella sono prodotti seriali, c'è il piacere del riconoscimento, eppure mi hanno fatto provare Emozioni con la E maiuscola.

E poi basta anche vedere in casa Disney: "Zio Paperone e il ventino fatale" di Barks, "Eta Beta l'uomo del 2000" di Walsh-Gottredson e tante altre mi hanno fatto provare emozioni tanto quanto un "Maus" di Art Spiegelman o un "Revolutionary Road" di Yates.

Non capisco perché solo i romanzieri possano ritenersi autori...

Siamo Autori? Non lo so. Forse lo siamo solo se ci sforziamo di esserlo, ma se ci limitiamo a cercare di rassicurare il lettore allora non lo saremo mai, temo.

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