martedì 27 settembre 2011

Bonelli

Che cosa significava per me "Bonelli" da ragazzino?

Durante l'anno, l'unico momento veramente entusiasmante della mattinata era fermarsi all'edicola di fianco alla fermata dell'autobus che mi portava a scuola, e vedere che cos'era uscito di nuovo e interessante (soprattutto di Mister No o Dylan Dog). Poi dopo si andava a scuola, quindi andarci leggendo un po' di splatter non mi dispiaceva.

Durante le vacanze, insistevo con i miei per andare io tutte le mattine a comprare il giornale e il latte, perché quel negozietto in cima al paese era l'unico ad avere fumetti. Ci passavo tutta la mattinata: magari compravo un solo albo (la mia paghetta era limitata) ma ne leggevo metà sfogliandoli di nascosto dentro il negozio. Ormai i proprietari mi conoscevano e mi lasciavano fare.

Ecco, mi rendo conto che tanti colleghi l'hanno conosciuto bene e sono stati suoi amici, e sicuramente loro avranno più diritto di me di parlare e dispiacersi della scomparsa di Sergio Bonelli.

Ma credo di avere comunque diritto di sentire un vuoto e raccontare ciò che Sergio era per me. Quando da ragazzino ero appassionato di Mister No, per me era una specie di idolo atipico, un esempio da seguire. Ero (e sono) molto sensibile alle ingiustizie, detesto il razzismo, cerco sempre una visione non conformista delle cose, ritengo che la Libertà sia il nostro valore più prezioso. Perciò mi sentivo molto vicino a Mister No, e come tutti sanno c'era molto di Sergio in Mister No.

Perciò lo ritenevo un po' mio amico. Uno che - se scriveva quelle storie - sarebbe stato (almeno lui) in grado di capire come mi sentivo, se avessi avuto modo di conoscerlo di persona.

Era come se tramite Mister No, Sergio fosse un po' un mio zio senza saperlo. Quegli zii fighi che vanno in Amazzonia e hanno un sacco di cose da raccontare. E' stato zio di tantissimi ragazzi. Magari lui non ci voleva come suoi nipoti, ma non importa.

Poi ebbi modo di parlarci, ma in situazioni troppo caotiche per andare oltre le poche parole di circostanza. E poi ammetto che mi sentivo abbastanza in soggezione.

Perciò per quanto riguarda Bonelli, il mio punto di vista non è quello di "collega", ma di lettore, non è quello di un amico, ma di uno che come tantissimi altri avrebbe voluto essergli amico. E chi mi conosce sa che è la pura verità.

1 commento:

Giorgio Sommacal ha detto...

Bellissimo ricordo, Giorgio.
Mi hai fatto venire in mente la poesia di Cesare Pavese "I mari del sud":

"Camminiamo una sera sul fianco di un colle,
in silenzio. Nell'ombra del tardo crepuscolo
mio cugino è un gigante vestito di bianco,
che si muove pacato, abbronzato nel volto,
taciturno. Tacere è la nostra virtù.
Qualche nostro antenato dev'essere stato ben solo
- un grand'uomo tra idioti o un povero folle -
per insegnare ai suoi tanto silenzio."

"Solo un sogno
gli è rimasto nel sangue: ha incrociato una volta,
da fuochista su un legno olandese da pesca, il cetaceo,
e ha veduto volare i ramponi pesanti nel sole,
ha veduto fuggire balene tra schiume di sangue
e inseguirle e innalzarsi le code e lottare alla lancia.
Me ne accenna talvolta."

Ricordare Sergio Bonelli come un nostro parente o amico che ci ha insegnato il gusto dell'avventura, dell'andare oltre...

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