sabato 7 febbraio 2009

Revolutionary Road


Per chi voglia vedersi un film in cui la storia ha della vera sostanza, senza nessuno di quegli indigesti artifici retorici per strappare la lacrima facile che si vedono tanto spesso nei film drammatici, consiglio vivamente "Revolutionary Road" con Leonardo DiCaprio e Kate Winslet.

L'interpretazione dei due protagonisti è formidabile. Mi correggo: l'interpretazione di TUTTI gli attori è formidabile.

La sceneggiatura è ottima. C'è da dire che già la narrazione del romanzo di Richard Yates del 1961, da cui è tratto il film, ha un taglio di per sé molto cinematografico, comunque il lavoro nel complesso è ottimo.

Non mi ha convinto del tutto la regia e soprattutto il montaggio, ma sono dettagli. Resta il fatto che se vi va di vedervi un film di due ore e non siete pubblico da "Vacanze di Natale", e vi va di usare questo nostro organo ormai in disuso che si chiama cervello, il consiglio è di andarsi a vedere "Revolutionary Road".


ATTENZIONE: di seguito vengono svelate parti del film e del romanzo.

La storia narra di Frank e April Wheeler, una giovane coppia degli anni '50 che, piena di sogni sul proprio futuro, va a vivere in un sobborgo del Connecticut (in Revolutionary Road, per l'appunto), non lontano da New York dove Frank lavora. Lei è un'attrice fallita e bada ai due figli, lui ha soffocato ogni ambizione per mantenere la famiglia, andando a lavorare alla Knox, azienda di elettronica in cui lavorava anche suo padre.

La sostanza è: Frank è un bravo bluffatore, capace con la dialettica di dare un'immagine fasulla di sé, rendendosi interessante senza mostrare mai un vero talento in alcunché. "Se il bianco potesse diventare nero a parole, tu lo sapresti fare", gli grida April ad un certo punto.

April, invece, ha visto naufragare il suo presunto talento in una mediocre compagnia teatrale paesana, dovendo pensare in prima istanza ai figli, avuti più o meno per caso. Se lui è una montagna di fumo senza arrosto, lei non è né carne né pesce: frivola e infantile, si lancia in mille progetti senza mai portarne a termine uno, come ad esempio l'idea di andare ad abitare a Parigi. Senza un vero obiettivo nella vita, un progetto comune, alla deriva come una nave in panne guidata dalla corrente, insieme i coniugi Wheeler sono la personificazione del vuoto di quella (anzi, questa) società, fatta di conformismo al modello pubblicitario della famigliola felice nella villetta bianca con giardino. Non a caso tutti gli altri personaggi, vicini e colleghi, sono contrari a quell'idea infantile di trasferirsi a Parigi. Tutti tranne John, il figlio psicolabile dei vicini Givings, che, come una bocca della verità, rinfaccia ai coniugi Wheeler il vuoto che hanno dentro e fuori. Lo stesso Frank lo grida alla moglie: "Sei uno schifoso guscio di donna". Un guscio vuoto, ovviamente. Un insulto capace di squarciare la coscienza di chiunque molto più di qualsiasi epiteto o parolaccia.

La frivola idea di andare a Parigi ovviamente naufraga: lui, dopo aver clamorosamente bluffato sul lavoro, riceve una vantaggiosa offerta di promozione, mentre April rimane incinta. Frank sembra quasi sollevato di poter rimanere alla loro mediocre e pigra vita di famiglia conformista, mentre April si sente il mondo crollare addosso. Il finale non sarà per niente lieto...


Come già accennato, l'interpretazione è magistrale. L'espressione sofferente della Winslet, lo sguardo spaesato di DiCaprio di fronte a ciò che gli capita intorno, sono da Oscar. Fin troppo: i due a tratti danno l'impressione di avere più sostanza di quello che dovrebbero avere i due tristi e mediocri protagonisti della vicenda. Senza talento e forza di volontà per emergere davvero, nel soffocante piattume del vicinato suburbano sono visti invece come due giovani di spicco, intelligenti e interessanti. Forse è proprio questa la loro maledizione: essere abbastanza intelligenti da percepire il vuoto e la mediocrità che li circonda, ma non abbastanza determinati da sfuggirne. Se avessero l'encefalogramma piatto come i loro vicini, sarebbero molto più sereni, accettando pacificamente quella vita da Mulino Bianco che è stata loro assegnata dalla società.

Magistrali alcuni passaggi, soprattutto verso la fine. Dopo l'ennesima e furiosissima litigata, April vaga nel boschetto vicino alla villetta, per restare un po' da sola e riflettere sul da farsi. Ad un certo punto la sua espressione, da disperata e sofferente, si fa determinata. Basta questo per capire che ha preso una decisione difficile, che avrà delle conseguenze. Il mattino dopo, sembra di essere catapultati davvero nella pubblicità della famigliola felice: April è tutta sorrisi e gentilezze. Chiede a Frank se voglia le uova fritte o strapazzate. Lui risponde che non lo sa, non sa scegliere, va bene qualsiasi cosa... poi decide per quelle più facili da cucinare. Questo è proprio Frank: un uomo che - a differenza della moglie - non sa prendere delle decisioni, non sa che cosa vuole dalla vita, e alla fine fa sempre la scelta più comoda. Frank è stupito di tanta gentilezza da parte di sua moglie: non ha capito che quella sarà l'ultima recita di April, l'unica volta nella vita in cui sarà una brava attrice. Andato via Frank, infatti, April cerca di procurarsi un aborto spontaneo. Comportamento incredibilmente stupido perché sa di correre dei grossi rischi, e infatti non sopravvivrà. In questa scena si racchiude il senso di tutto il film: April che sa esercitare il suo talento di attrice solo in famiglia, Frank che non sa prendere decisioni se non quelle più comode, la farsa della famigliola felice nella villetta del Connecticut, April che, oppressa da tutto questo, si provoca il vuoto dentro, auto-distruggendosi.

Nel complesso, il giudizio sul film è ottimo. Qualche difetto però c'è. Come al solito, il film non raggiunge del tutto l'eccellenza dimostrata dal romanzo di Yates.

Innanzitutto, le scene iniziali sono piuttosto sballate. Vedendo i primi minuti, mi sono pentito di aver portato degli amici a vederlo, perché sembrava delinearsi una boiata. Il montaggio delle prime scene non è uguale ma simile a quello del romanzo, eppure la sensazione che se ne ha è estremamente diversa. L'impressione è presto di freddezza tra i due, e quasi subito i due iniziano a litigare furiosamente. Inizio tediosissimo, per un film. Non si capisce di che cavolo stiano discutendo, e ti vien solo voglia di dirgli di smetterla. Il primo capitolo del romanzo invece è un ben più abile montaggio tra, al presente, le promettenti prove dello spettacolo cui April deve partecipare, la disastrosa prima dello spettacolo, e la seguente discussione in auto, mentre, al passato, il ritorno dalla guerra di Frank, le sue inconcludenti ambizioni, l'incontro con l'aspirante attrice April, il loro speranzoso acquisto da sposini della casetta in Revolutionary Road. Nel romanzo, all'inizio vengono subito delineati molto bene i due protagonisti: lui retorico e sempre attento alla "facciata", capace di manovrare le persone in un desiderio narcisistico di essere ammirato, lei piena di futili speranze puntualmente disattese, troppo concentrata su se stessa per rendersi conto davvero del mondo che la circonda. Inoltre, la casetta in Revolutionary Road quasi da subito diventa un personaggio importante, il contesto che da accogliente riparo per la famiglia si trasforma in soffocante prigione traboccante di menzogne. Nel film invece, questa parte manca quasi totalmente, ed entrare nelle vicende dei due protagonisti è più arduo. Anche alcuni personaggi minori come i coniugi Givings, i Campbell, la giovane Maureen, avrebbero meritato maggiore approfondimento. Certo, il film sarebbe durato tre ore, ma credo che l'avrei visto ugualmente con piacere.

Un'altra cosa che non mi ha convinto tanto, e qui è questione di sceneggiatura, è che nel film April viene dipinta come la vera vittima. Sembra che le sue buone intenzioni di migliorare la vita della famiglia siano puntualmente soffocate dal troppo mediocre Frank, e noi spettatori finiamo per stare dalla sua parte, percependo la sua morte come quella di una martire. Sembra quasi una Madame Bovary all'americana. Nel romanzo invece la questione è più complessa: sono entrambi vittime e carnefici l'uno dell'altra. Lui è sì mediocre e fasullo, ma lei è infantile e inconcludente. Come già detto, lei fa spesso progetti irreali e prende decisioni senza chiedere il parere a nessuno. Decide che loro si trasferiranno a Parigi, decide che cosa faranno là sia lui che lei, decide di abortire, eccetera, pretendendo che Frank si limiti ad approvare.

Infine, il romanzo mi è sembrato molto più misurato rispetto al film, esprimendo una sorda e inesorabile disperazione celata agli occhi del mondo, che pian piano incancrenisce fino all'inevitabile epilogo di morte. Il film invece mi è sembrato più "gridato"... ma forse è solo una mia impressione.

Questo non toglie molto a un film che meriterebbe diversi premi, soprattutto a quasi tutti gli interpreti, compresi la giovane Maureen e i vicini Campbell: magistrale l'interpretazione della moglie, frivola donnetta senza sostanza né intelligenza né bellezza, ma dopotutto una delle poche persone che apprezzano davvero quel tipo di vita e quindi priva di ipocrisia.

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