mercoledì 18 febbraio 2009

Disney Blues


Scrivere Disney è come suonare il blues.

È un concetto che ho elaborato anche in seguito agli aspiranti sceneggiatori che ogni tanto mi chiedono consigli.

Mi spiego. Io, da ascoltatore e musicista, apprezzo diversi generi musicali. Mi piace anche il prog, pieno di virtuosismi e roba difficilissima da suonare. Però, quando devo suonare io un assolo con la chitarra, è un assolo blues. Certo, si potrebbe obiettare che non sono capace di suonare il prog o la fusion, non ho il bagaglio tecnico necessario né sono abbastanza veloce. Il fatto è che a suo tempo ci ho provato, a studiare ed esercitarmi, ma proprio non ci sono riuscito. Studiare per suonare la chitarra per me è il massimo del tedio. Il mio studio da adolescente si è "limitato" ad ascoltare musica e suonare la chitarra di continuo, senza metodo: ascoltare e suonare, ascoltare e suonare. E quello che mi aiutava di più erano i Blues Brothers, Eric Clapton, Chuck Berry.

Con la sceneggiatura è andata un po' diversamente. Non so come mai, ma con questa disciplina sono riuscito a concentrarmi maggiormente e a impegnarmi per imparare gli strumenti del mestiere. Sarà perché ho percepito la sceneggiatura più come "lavoro" rispetto alla musica, probabilmente per il fatto che la musica la pratico fin da adolescente, mentre con la sceneggiatura ho iniziato che avevo 22 anni. Se dovessi scrivere un romanzo (lo farò prima o poi) o delle poesie mi sentirei molto più svincolato dalla "tecnica", probabilmente perché i miei primi tentativi anche quelli li ho fatti in adolescenza.

A parte questo, pur avendo studiato la sceneggiatura, mi rendo conto che scrivere per Disney è una cosa completamente a sé. Non è facile da spiegare a parole. Come nel Blues non è che si può essere totalmente ignoranti di musica (come nel punk), ma basta saper fare una pentatonica e riconoscere il classico giro in 12 battute, anche per Disney non è necessario sapere molto a livello tecnico: basta saper dividere una storia nei classici 3 atti, e se proprio si vuol essere raffinati si può far riferimento alle 12 stazioni del "Viaggio dell'eroe" teorizzate da Vogler. Dodici come le battute di un giro blues. Curioso, eh?

Ma, a differenza ad esempio delle superlative serie tv americane degli ultimi tempi, in Disney il bagaglio tecnico ha un'importanza solo relativa, come nel blues. E' la passione che conta. Per scrivere Disney, come per suonare il blues, bisogna farlo col cuore. Lo so che sembra paradossale perché sono due cose molto diverse tra loro, ma sia Disney che il blues hanno delle atmosfere che devono scorrere nel sangue di chi si appresta all'esecuzione. Bisogna aver letto tanto Disney da bambini, aver ascoltato tanto blues in adolescenza. Bisogna averli amati. O ce l'hai dentro o non ce l'hai, c'è poco da fare.

Quand'ero adolescente gli amanti del prog metal e simili snobbavano il blues classificandolo come roba banale e tutta uguale. Allo stesso modo molti fumettisti d'autore, o sedicenti tali, classificano il fumetto Disney come roba per bambini deficienti. Roba da discount, una specie di fast-food narrativo. Attenzione: è lo stesso snobismo che corre tra chi, amante della letteratura, considera il fumetto roba per bambini ignoranti (vi assicuro che gente così esiste ancora, ci ho parlato personalmente ahimé).
Non conosco bene il motivo di tanta acredine, fatto sta che non capisco perché non possano piacere contemporaneamente il prog e il blues, il fumetto Disney e quello realistico.

Il problema è che non è così facile scrivere o disegnare per Disney. Certi lo snobbano perché non ci riescono: sanno fare bellissime e complicatissime storie realistiche, ma questo non significa che riescano a fare una storiella Disney. Ripeto: o ce l'hai dentro o non ce l'hai. Il disegno Disney sarà anche stilizzato, ma Paperino deve saper recitare molto di più rispetto a tanti personaggi realistici. I dialoghi non possono essere uguali a quelli del fumetto realistico. Idem il blues: bastano molte meno note e un tempo in 4/4, ma con la chitarra il vibrato, il bending devono essere espressivi al massimo, comunicare una passione profonda e macerata nel proprio universo interno. Corde spesse, disegno stilizzato, e tanta passione.

Una volta un amante della tecnica chitarristica mi ha detto qualcosa che suonava più o meno così: so fare lo sweep-picking e i tempi dispari, ma non so cosa darei per saper fare un assolo blues.


© immagini: Disney

8 commenti:

Davide G.G. Caci ha detto...

Chissà perché, ma ho come l'impressione di aver già sentito queste parole... :)
In effetti ciò che dici ha molto senso, e penso che la metafora che hai usata sia parecchio indicativa...
Mi permetto di fare un'aggiunta (che poi vuole essere una domanda/spunto di riflessione...): non può essere forse questo uno dei problemi dell'abbassamento di qualità di storie Disney, degli ultimi anni? Ovvero: è pur vero, come dici, che serve passione. Ma talvolta l'impressione è che alcune storie siano scritte con tecnica e stop, senza quella passione che invece dovrebbe animare l'autore.
Quella passione che traspare da una delle storie che più ho amato, e che hai giustamente usato come corredo iconografico, di quel genio che è Fabio Celoni...

Giorgio Salati ha detto...

Guarda, è la solita annosa questione del "Topolino non è più come una volta". Non sono d'accordo che la qualità si sia abbassata negli ultimi anni, e non lo dico perché ci lavoro anch'io.

Ho avvertito un certo calo di qualità nei Topolini del periodo fine anni '90 / inizio anni 2000, ma secondo me già da qualche anno Topolino si è risollevato di parecchio. Sono diversi gli autori che mi piacciono, e per la prima volta mi scopro a leggere con interesse pure i redazionali, che non leggevo nemmeno da bambino!

A parte questo discorso che è puramente di gusti e quindi ognuno può dir la sua, il fattore "passione" ha importanza ma non esclusività. Mi spiego: avere "Disney dentro" è una "conditio sine qua non" per poter scrivere bene storie Disney. Ma NON BASTA. Bisogna anche saper scrivere bene delle storie. Bisogna avere anche tecnica, conoscere la struttura. Bisogna avere idee interessanti e originali. Bisogna avere un minimo di cultura legata al cinema, la letteratura, la storia, la geografia... insomma, la passione di cui ho parlato è una condizione necessaria per poter arrivare a scrivere sul topo, ma senza le altre qualità, se si fa ricopiare all'infinito a Paperone i viaggi ciminiani o a Topolino i gialli martiniani, le storie verranno ugualmente se non delle ciofeche, delle noie mortali.

Giangidoe ha detto...

Bel post. E anche se non sono un conoscitore del blues -e meno che mai un musicista-, la metafora è arrivata chiara e suggestiva.
Io, personalmente, ho letto sia di una crisi Disney generale (che si sta risollevando un pò negli ultimi anni soprattutto grazie ai vari teen-serial musicali e ai salvifici introiti Pixar) sia di una crisi del settimanale di Topolino in particolare. Cosa, quest'ultima, che potrebbe anche non essere necessariamente legata alla qualità delle storie in esso pubblicate...
Io, del resto, non posso esprimermi in proposito perchè non ho mai letto costantemente Topolino neanche durante l'infanzia.
Io ero uno dei pochi fan di Tiramolla nei primi anni '90, e l'ho comprato finchè è durata la sua pubblicazione di allora. Dell'infantile contrasto con amici e conoscenti "disneyani", avrei fatto volentieri un utile strumento di discussione e riflessione su gusti e preferenze. Ma purtroppo, quel contrasto non si è mai verificato; e di gente che avesse voglia di confrontarsi sui propri gusti fumettistici, fin da allora e in un'età ben più ciarliera, non ce n'era molta.
Sigh!

Anonimo ha detto...

non posso che essere d'accordo con la tua riflessione, Giorgio!

Giorgio Salati ha detto...

ah cavoli mi ero ripromesso di avvertirti quando sarebbe uscito questo post (a volte li programmo in anticipo), perché ovviamente un bluesman come te poteva capire il discorso meglio di altri, ma poi mi son dimenticato!

Anonimo ha detto...

e ti dirò di più, condivido anche il tuo discorso su "conoscere le storie di una volta non basta, serve altro": è la formula all base della distinzione tra autori e fan/nerd/wanna be. con tutto il rispetto, of course! :-)

Lukkus ha detto...

Ciao Giorgio!
Premetto che non sono un musicista ma, è curioso, anch'io ho sempre pensato la stessa cosa sul disegno Disney... o meglio sul disegnare fumetti Disney italiani di paperi e topi...è esattamente come saper fare il blues!!
Possono essere quattro semplici accordi che si ripetono all'infinito ma chissà come mai un brano blues suonato da Muddy Waters emoziona mille volte più dello stesso brano suonato con ottima perizia tecnica da qualche pur bravo chitarrista di passaggio!!
Il punto è che in entrambi i casi non si tratta di mera tecnica, bisogna avere una conoscenza aprofondita di quello che è successo fino a oggi e nel fumetto Disney serve l'equivalente del "blues" che è la "Vis Comica", quella che rende i fumetti di Carpi o quelli di Cavazzano speciali; ed è anche quella cosa che non ti fa stancare di ascoltare...pardon...leggere e rileggere storie che in realtà tecnicamente e narrativamente si somigliano tutte!

Non credo di aver mai fatto un commento così lungo in un blog! :))
A presto

Giorgio Salati ha detto...

Luca, sono contento che tu la pensi così, e soprattutto che conosci Muddy Waters!

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